Scuole chiuse, le relazioni non passano da internet

Didattica a distanza oppure scuola in casa.

Da qualche giorno provo a ragionare sul significato di queste due espressioni nel tentativo di trovare il modo più opportuno di definire quello che sta succedendo in casa mia e nelle case di tutti coloro che hanno figli-studenti, dai piccolissimi ai più grandi.

Il virus con la coroncina rossa, quel figlio d’un cane del virus – come direbbero i più veraci delle mie campagne toscane – ha costretto a chiudere anche le scuole e i figli, dopo i primi giorni di scodinzolamento per l’inaspettata libertà, hanno cominciato a fare i conti con una presenza nuova e quotidiana in casa: la loro scuola, quella di tutti i giorni, di tutti gli anni, dei compagni ormai amici per la pelle, dei prof iper amati o criticati, delle maestre adorate o insopportabili.

La scuola, proprio la loro scuola, li ha spiazzati.

Insegnanti che entrano nello studiolo attraverso il monitor del computer, le voci di maestri e prof in giro per casa, nella cameretta, nella stanza dove la wi-fi prende meglio. E sveglie anomale sugli smartphone di figli e genitori per dire che alle dieci c’è Tizio in videoconferenza, a mezzogiorno Caio fa leggere il testo appena scritto, alle quindici esercitazione di matematica, alle diciassette tutte le maestre schierate per una mezzora di chiacchiere sulle emozioni, come facevano in agorà prima di cominciare la giornata.

Non eravamo preparati, ammettiamolo: né i figli, né i genitori.

Da settembre a giugno, sette giorni su sette, viviamo con la scuola nei pensieri, nei cuori, nei portafogli, nelle agende. Eppure quando senza bussare è entrata in casa ci è parso di vedere un marziano, anzi una marziana.

Con il passare dei giorni la tecnica si affina, si familiarizza con le modalità d’interazione, i mini approfondimenti diventano lezioni vere e proprie, gli scambi di informazioni studenti-docenti s’intensificano.

Le relazioni no, quelle non passano dai cavi, non attraversano la Rete.

Le relazioni non si navigano, si vivono.

Non faccio valutazioni di valore sulla didattica a distanza, non sto ora a dire di quanto la scuola di questo periodo sia efficace per la materia ics o per la materia ipsilon. Di valori e disvalori scriverò un altro giorno, è un altro argomento e merita tempo, spazio e competenze.

Ne faccio ora una questione di relazioni: solo ed esclusivamente legami, rapporti, scambi fra persone.

I testi si recuperano, le slide si passano, una spiegazione si ascolta, lo schedario si segue e gli esercizi si svolgono. Okay, tutto fattibile.

Ma c’è qualcosa d’insostituibile nella scuola, un valore che nessun dispositivo ultratecnologico può imitare.

E’ la relazione.

In questi giorni di scuole chiuse e didattica a distanza la mancanza di relazioni vere, braccio a braccio, fra studenti e insegnanti è il boato che si leva dalle scuole chiuse, dai villaggi scolastici deserti e silenziosi.

Mancano perfino gli odori di venti ragazzini chiusi per ore in una stanza, il profumo della prof di disegno, il passo inconfondibile del preside, il sole caldo che attraversa i vetri e raddoppia il calore rilasciato dai termosifoni.

Mancano i pullman pieni zeppi di studenti, gli scuolabus in ritardo, il saluto dei compagni quando si ritrovano al cancello, la vicinanza nel banco, la condivisione dell’ansia prima della verifica, la fidanzatina novenne che ha messo fra i capelli un fermaglio nuovo con la coccinella, le scarpe che l’amica mi fa provare sotto al banco, i selfie di soppiatto nella fila di fondo coperti dalle spalle dei compagni mentre in cima si celebra una delle mitiche interrogazioni programmate.

Mancano le relazioni, la vita di scuola, le giornate degli studenti e degli insegnanti. Nemmeno la veloce fibra ottica può farcela.

Travolti dall’emozione di una sorpresa: un giorno siamo andati ad aprire la porta e sullo zerbino abbiamo trovato la scuola dei  figli.

La chiusura delle scuole è uno dei fatti che ci costringono a un’ammissione: il virus ci cambia, tutti, a partire dalle emozioni. Indipendentemente da cosa dicono i valori del sistema immunitario, il virus arriva al cuore, alla pancia e anche alla testa in tanti modi. Pure attraverso il portone chiuso di una scuola.

Fino a qualche settimana fa, tutto questo non l’avevo ancora provato. E’ un’emozione che ora vorrei saper nominare. Le parole si rincorrono, devo lavorarci ancora su. Come si dice?

Per il momento so che sto parlando di legami, emozioni, casa, scuola, cambiamento.

Ecco, intanto questo.

 

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