Una storia d’amore nata sulla spiaggia

Vi racconto una storia d’amore nata sulla spiaggia. Nata per davvero, nel senso più essenziale del termine, dell’avvio, l’inizio.

Toscana, estate, lungomare della Versilia.

Quando ho conosciuto i due protagonisti, la storia che sto per dirvi era cominciata da una trentina di giorni.

Siamo al Jova Beach Party, la mega-colorata-baldoriosa festa che Jovanotti ha portato in giro per l’Italia. Secondo appuntamento toscano, quello di Viareggio.

Il primo concertone in riva al mare c’era stato esattamente un mese prima, ma è dell’altro che vi racconto, il secondo Jova beach party nella mia regione. Il tempo, in questa storia, ha il suo peso.

Lei è una morettina piccola di statura e magretta, ha un due pezzi giallo e nero. Accanto c’è lui che pare un gigante: alto, spalle grandi, due cosce che dicono di tanto sport. Un filo di pancetta, ma proprio un filo. Capelli cortissimi e scuri, barba di una settimana e il costume a pantaloncino scuro, mi pare nero.

Nella bolgia di chi canta e chi salta, bicchieri di birra in mano, cappellini e collane colorate, quei due stanno in uno spicchio di spiaggia che pare ritagliato proprio per loro. Lui l’abbraccia da dietro e se la tiene appiccicata. Cantano e si baciano. Poi succede che Jova intona l’”Estate addosso” e fra quei due cambia tutto: lei si gira, gli mette le braccia intorno al collo e lui si abbassa per non farla sforzare. Attaccati per tutti i centimetri di pelle, ondeggiano lentamente come se sul palco un John Lennon di oggi stesse suonando una “Immagine” di domani.

Intorno a loro non c’è più nessuno. Si baciano, ballano il lento più lento di sempre, coi piedi fermi, incollati sugli stessi granelli di sabbia. Dall’inizio alla fine della canzone.

Allora lui massaggia il pancino di lei con la delicatezza di chi sta accarezzando le ali di una libellula. Jovanotti intanto suona e canta qualcos’altro.

Lui s’inginocchia e ha le labbra all’altezza dell’ombelico di lei. Un bacio, un altro bacio.

Ancora un bacio.

 

Una mezzoretta più tardi ci ritroviamo in una veranda attrezzata davanti ai bagni di quel popò di spiaggione. La musica è lì a due passi ma si riesce a parlare senza dover gridare. Si aspetta il turno.

“La fai sedere?” chiedo a un tizio con la testa chinata sullo smartphone.

Quello ci guarda e alza le sopracciglia. La stanchezza o il troppo rumore lo fanno desistere dal ribattere qualsiasi cosa. Si alza e va due passi più in là a smanettare sul fonino.

La morettina mi sorride con tutto il viso e si siede sulla sedia di plastica bianca.

“Grazie”.

“Figurati. Ringrazia lui, che ti ha dato il posto” rispondo.

Il suo lui si avvicina e appoggia una manona sulla spalla magra. “Ce la fai?”.

Un altro sorriso dalla bocca agli occhi.

Mi guardano e dicono “grazie” con lo sguardo.

Erano venuti alla prima data del Jova Beach, sempre a Viareggio, un mese prima. E quella notte, insieme alle stelle, ai granelli di sabbia e all’Ombelico del Mondo hanno fatto l’amore. Un po’ di giorni dopo, il ritardo delle mestruazioni e il test positivo.

Da poco sanno che fra una trentacinquina di settimane nascerà qualcuno. E sono tornati al concerto sulla spiaggia per sentir cantare “è per te ogni cosa che c’è/ ninna na ninnae”.

Me lo hanno raccontato durante la lunga ed esausta coda umana che dalla spiaggia va verso i parcheggi, a concerto finito. Qualche parola, molti abbracci, voci che ancora canticchiano. Su di noi il cielo con le stelle, tanto cielo e tante stelle.

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